Global Sumud Flotilla al Lido

Questo mio articolo è uscito il 2 settembre su La Nuova Venezia, scritto a seguito della manifestazione di sabato 30 agosto, al Lido di Venezia, durante la Mostra del Cinema. Oggi che la Global Sumud Flotilla è sotto tiro, è arrivato il momento di pubblicarlo anche qui.

Ci sono momenti, nella Storia, in cui le parole per descrivere e raccontare ciò che accade (a Gaza, in questo caso) sono introvabili, anche e soprattutto per chi le parole le usa per mestiere. C’è chi deve cercarle per forza – i giornalisti – e trovarle a qualunque costo, per informare, fare cronaca. E c’è chi – gli scrittori – ha la possibilità di aspettare, di trovare le parole adatte, ammesso esistano. Aspettare l’occasione giusta, per evitare l’ovvietà, che è sempre in agguato.

L’occasione, per me, dopo quasi due anni, è arrivata sabato scorso, quando centinaia di barchette di carta con i colori della Palestina sono salpate da Santa Maria Elisabetta, al Lido, e hanno navigato, accompagnate via terra da migliaia e migliaia di persone, verso il Palazzo del Cinema. Da una parte sfilavano le star del cinema, dall’altra i manifestanti. Alcune di quelle star, però, erano con noi in corteo, salite a bordo di quella grande imbarcazione con più di cinquemila membri di equipaggio. Più di cinquemila, al Lido, equivale a qualche decina di migliaia in terraferma. In tanti non sono riusciti ad arrivare, i vaporetti e gli imbarcaderi strapieni.

C’era chiunque, sabato pomeriggio al Lido, giovani – tanti, finalmente – e meno giovani. C’era la società civile e, vista l’affluenza alle manifestazioni nelle altre città (i quarantamila di Genova fra tutti), sembra proprio che una buona parte di noi si stia liberando da quel torpore che da decenni fa di noi italiani una popolazione di indifferenti. Sembra impossibile, sconcertante, restare indifferenti davanti a ciò che sta accadendo da due anni a Gaza. Eppure. C’è quel luogo comune, ahimè sempre valido: ci si abitua a tutto. E ci siamo abituati al riepilogo dei morti quotidiani in tv all’ora di cena. Ci siamo abituati ai silenzi del governo italiano. Ci siamo abituati all’indifferenza. Non tutti però.

Le abbiamo portate a destinazione, sabato, le barchette di Gaza. Un atto simbolico. Agli occhi di certi rappresentanti delle istituzioni, un atto inutile. Intanto, però, ieri, delle barche vere, con centinaia di tonnellate di aiuti umanitari, sono salpate sul serio, via mare, dai porti di Genova e di Barcellona (dove hanno dovuto temporaneamente rientrare a causa del maltempo), e saranno raggiunte, fra qualche giorno, da altre imbarcazioni che partiranno dalla Sicilia e dalla Tunisia. È la Global Sumud Flotilla, la più grande missione umanitaria spontanea di sempre. È il mondo intero – ci sono a bordo delle varie imbarcazioni volontari di 44 paesi diversi – che sfida governo e esercito israeliano, e non lo fa con le armi, lo fa con delle barche, alcune a vela, piene di viveri. Visti i precedenti, non c’è da essere fiduciosi sull’esito della missione. Già altre barche sono state bloccate e gli equipaggi arrestati nei mesi scorsi. Ma questa volta è diverso, la Global Sumud Flotilla è un esercito pacifico, multinazionale, multicolore. Porta cibo e medicine a chi è lasciato intenzionalmente morire di fame e di stenti. Osasse, l’esercito israeliano, bloccare le barche di tutto il mondo con la forza, continueremo a vivere nella nostra indifferenza? Ci renderemo finalmente conto – tutti – di che cosa sta succedendo a Gaza?